
Grace è in carcere: è accusata di aver ucciso Caro Morton, la simpaticissssima fidanzata del suo miglior amico.
Ed è una cosa piuttosto buffa: perché Grace, nella sua vita, ha ucciso parecchie persone ma Caro non è tra queste.
Non è che sia un’assassina seriale (o si?…), è che la vita l’ha costretta a vestire i panni del giustiziere, per riequilibrare una bilancia che per troppo tempo ha segnato il lato sbagliato, sepolta dal peso dei soldi.
Grace è cresciuta come una nomade degli affetti familiari: sua madre, dopo qualche anno di stenti, povertà e freddo, è morta di cancro lasciandola alle cure di un’amica.
Grace è passata da un’amica all’altra, da una casa all’altra, covando il risentimento più forte contro la ricchissima famiglia di origine paterna e contro lo stesso padre, colpevole di averla rifiutata fin da prima che nascesse.
Così, le pare che non ci sia davvero altro motivo di vita se non la vendetta: la vendetta per un’infanzia di carestia, per una povertà che ha consumato sua madre fino a morire, per il dolore dell’abbandono.
E la vendetta di Grace verrà consumata uccidendo ogni singolo membro di quella famiglia.
Come uccidere la tua famiglia
di Bella Mackie
Harper Collins, 432 pagine
Ve lo dico subito: io ho amato Grace.
Non di quell’amore commiserativo nutrito dalla pena per la sua condizione.
L’ho amata proprio perché decide di far fuori la sua famiglia, il che probabilmente fa di me una psicopatica in erba, ma trovo che ci sia del fascino in una persona che crede in un’etica dell’omicidio.
Perché in questo libro l’omicidio non è pura vendetta, non è un banale occhio per occhio, è la sublime arte di rimettere a posto le carte che a volte la vita spariglia senza badare troppo a chi potrebbe ferire.
Quante volte ci chiediamo perché se ne vanno sempre i migliori mentre l’erba cattiva non muore mai?
Ecco, in questo libro l’erba cattiva muore e muore con estrema soddisfazione della protagonista e del lettore.
E qui sta la potenza: Bella Mackie vi mette a tu per tu col vostro sistema di valori e vi mostra come basti un attimo a girarvi completamente la prospettiva di un crimine.
Come sia facile che tutti noi, al momento debito, perdiamo il sottile confine tra la consapevolezza del bene e del male, che diventano fluidi e quasi si scambiano i ruoli.
È un libro che vi fa un sacco di domande e pretende che vi diate delle risposte:
- si può estorcere la paternità di un bambino?
- è giusto che siano i figli a pagare sulla propria pelle le nostre scelte?
- cosa ci fa più paura: la crudeltà o il desiderio di vendetta?
- cosa merita il perdono nel nostro sistema di valori: un padre che rifiuta un figlio condannandolo al freddo e alla povertà ma non un omicidio? Non è forse anche l’abbandono di un figlio a se stesso una forma di disprezzo per la vita? È la crudeltà o il crimine l’ago della nostra bussola etica?
Può non piacere, anzi, è facile che non piaccia. Un po’ per lo stile – un continuo flusso di coscienza avanti e indietro nel tempo – e un po’ perché non tutti amano guardare nel buco nero che hanno dentro di sè per scoprire…di non essere poi così irreprensibili come credevano.
Giudizio: 9
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